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HAVANA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 marzo 1991
 
di Sidney Pollack, con Robert Redford, Lena Olin, Raul Julia (Stati Uniti, 1990)
 
A pochi giorni dalla rivoluzione castrista che spazzerà via Batista, Robert Redford, giocatore d'azzardo con pochi interessi socio-politici per quanto sta succedendo attorno a lui e qualcuno di più per i giochi erotici a tre malgrado le rughe liftate, sbarca all'Avana. Si limiterebbe a spennare qualche generale o agente Cia a riposo, sennonché il passaggio di Lena Olin risplendente bellezza nordica (assai meglio servita, anche glamourosamente, nel recente ENNEMIES di Paul Mazursky) lo mette in orbita per una di quelle che le persone serie chiamano prese di coscienza. E che i francesi ed i più prosaici in genere (nonchè i registi postromantici come Pollack che credono ancora in queste cose come ci credevano quelli dei bei tempi di Hollywood) riassumono in "l'amour, toujours l'amour". Ergo: il nostro dà una mano addirittura ai rivoluzionari, l'amour finisce non troppo bene tanto vale dirlo subito, ma lui torna in USA maturato, meglio tardi che mai, come uomo e cittadino.

Tutto questo detto per scherzo. Ma Sidney Pollack con queste faccende è riuscito a fare dei capolavori come JEREMIAH JOHNSON o NON SI UCCIDONO COSI ANCHE I CAVALLI? : "veri film romantici come quelli degli anni 40 - 50, eroi taciturni come li faceva Hollywood, di quelli che scoprivano la verità grazie all'amore di una donna, il genere bravo tipo che non sa di esserlo", come dice il regista.

Questo ed altro, aggiungiamo noi. Che se Pollack era uno che credeva nella forza dei sentimenti per rendersi conto che è impossibile vivere senza tener conto di coloro che la pensano differentemente da noi, l'autore degli ultimi film romantici della tradizione americana come OUT OF AFRICA o COME ERAVAMO era grande anche perché capace d'inserire il suo discorso in uno schema drammatico e formale estremamente coerente, significativo e poetico. In OUT OF AFRICA per limitarci alla sua opera più recente - e non priva di certi limiti - c'era si un ritratto sensibilissimo di donna (quello di Karen Blixen interpretata da Merryl Streep) che organizzava, alimentava e significava il tutto. Ma c'era ancora, come nei grandi Pollack, l'inserimento di questo ritratto, e di un aneddoto magari scontato, in un ambiente che elevava il tutto a ben altri livelli: quello del rapporto uomo - natura. Un rapporto secondo il quale non esiste una fuga da certi conflitti che la società si è creata; n'é, tanto meno, una natura riparatrice, una dimensione utopisticamente perfetta nella quale questi conflitti possano venire risolti. È in se stesso, in una lotta ancora più dura da svolgere contro certi retaggi trasmessigli da sempre, che l'uomo deve risolvere i propri problemi. E ancora c'era nel film la "fisicità" straordinaria di Pollack, quel suo modo incredibilmente genuino, quasi fiahertiano di filmare gli elementi naturali, l'acqua, il fuoco, la terra. Di ritmare il tempo, anche cinematografico, sull'avvicendamento cosmico delle albe e dei tramonti. E di inserire, in questo contesto naturale, l'uomo. Nei momenti migliori del cinema di Pollack la rappresentazione dell'uomo nella natura coincideva con la pienezza psicologica e morale del protagonista: e la rottura di questo equilibrio all'interno dei personaggi si traduceva in un disagio, talora in un conflitto fra uomo e ambiente. La constatazione di questa degradazione era allora vissuta dall'eroe di Pollack come presa di coscienza dei propri limiti. E, quindi, come possibilità di ascesa, di superamento.

Di tutto ciò è rimasto ahimè assai poco in HAVANA. Non il mito alla CASABLANCA che una regia ormai smaliziata ha privato dei suoi indispensabili orpelli; ma nemmeno il realismo di situazione genere Un anno vissuto pericolosamente che il romanticismo piuttosto illogico delle situazioni e dei comportamenti (a cominciare dalla sua Donna, che passa tranquillamente dalla situazione di moglie virtuoso-rivoluzionaria a quella di vedova e quindi amante possibilista-borghese, per ritornare alla situazione iniziale saputo del mancato decesso del congiunto...) ovviamente impedisce.

A colpi d'esitazioni Robert Redford, Lena Olin non sono insomma nè carne nè pesce: solo memorie, oneste e un po' patetiche, di un modo di far cinema in via d'estinzione.


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